Psicofarmaci e alternative

Cos’è uno psicofarmaco

Uno psicofarmaco è un farmaco che ha la capacità i superare la barriera protettiva del cervello – chiamata ematoencefalica – per modificare la composizione chimica delle cellule cerebrali.

Tale composto è creato artificialmente in laboratorio o estrapolato dal mondo vegetale. La derivazione dal mondo vegetale non equivale a dire che è naturale poiché in natura una pianta è l’insieme di molteplici molecole che agiscono sinergicamente. Isolare un principio attivo e somministrarlo senza l’insieme dal quale è stato tratto non genera l’effetto che avrebbe se fosse rimasto nella suo contesto naturale.

A cosa serve uno psicofarmaco

Questi farmaci sono usati per trattare quello che il gergo psichiatrico definisce “disturbi mentali”. Premetto che l’accezione “disturbi mentali” non è esente da argomentazioni dubbie. Per saperne di più leggi l’articolo: “Disturbi mentali: mito o realtà?“. Ci sono dunque psicofarmaci per qualunque categoria di “disturbi”: antidepressivi, antipsicotici tipici e atipici, ansiolitici, ipnotici, stabilizzatori dell’umore, stimolanti e nootropici (questi ultimi per problemi di demenza). Tutte queste categorie si frammentano in sottogruppi per intervenire su qualunque disturbo mentale elaborato dall’APA (associazione psichiatri americani), creatori del DSM (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).

Il problema

Usare psicofarmaci è indispensabile in caso di un sintomo chiamato “disturbo mentale”? La maggioranza degli psichiatri risponderebbe di si. Ma io non sono affatto convinto che questa sia la risposta più corretta.

Esistono alternative agli psicofarmaci? Sono domande problematiche che trovano scarso consenso da parte dall’establishment medico-psichiatrico, ovvero dalla voce ufficiale che dovrebbe pronunciarsi a tal proposito. Ma, a guardare bene, è anche la voce della maggioranza della popolazione ad opporsi all’idea che gli psicofarmaci possano essere messi in discussione. Questo è dovuto in parte al fatto che una nozione, una volta inserita nel tessuto sociale, diventa fonte di verità indiscussa. La psichiatria ha creato delle etichette psicopatologiche che la collettività indossa senza alcuna resistenza o contestazione. Perciò sono le persone stesse a credere di avere disturbi mentali che necessitano di cure mediante gli psicofarmaci, colludendo a meraviglia con le case farmaceutiche e con le diagnosi che si trovano descritte nel manuale di psichiatria DSM. Da questa prospettiva trovare un’alternativa agli psicofarmaci è un’impresa titanica in quanto andrebbe smontata dapprima la convinzione di fondo dell’utente, cosa impossibile visto che l’utente medio non possiede competenza sufficienti per opporsi alle valutazioni tecniche degli esperti, mentre la maggioranza degli esperti in ambito psicologico-psichiatrico sono a favore della tesi associativa “disturbo mentale/psicofarmaci”.

La cura che non cura?

Oggi, più di 11 milioni di italiani fanno uso di psicofarmaci (antidepressivi, ansiolitici, sonniferi ecc). E poiché questo dato è in costante crescita ci si trova di fronte ad degli interrogativi inquietanti che lasciano poco spazio all’ottimismo:
C’è un dato inquietante che vorrei evidenziare. I disturbi mentali stanno aumentando in modo esponenziale sul pianeta di pari passo all’aumento vertiginoso di cure a base di psicofarmaci che dovrebbero curare questi disturbi. Ma perché i disturbi mentali aumentano anziché decrescere come dovrebbe invece accadere, visto che le cure sono in aumento?
Ravvisiamo tre spiegazioni possibili:

1) C’è una inspiegabile epidemia di disturbi mentali con crescita verticale che sono del tutto indifferenti alle cure a base di psicofarmaci.

2) Le cure a base di psicofarmaci non funzionano come viene dichiarato.

3) Sono le stesse cure a base di psicofarmaci che aumentano i problemi mentali.

Non è dato di sapere quale sia la risposta corretta, ma nasce un sospetto.

Se tuttavia ci riferiamo a quanto riportato dai bugiardini (foglietti illustrativi annessi ad ogni singolo psicofarmaco), scopriamo che l’assunzione di queste molecole chimiche generano allarmanti effetti indesiderati, alcuni dei quali sono esattamente quelli che il farmaco sarebbe chiamato a curare.

Si noti che il bugiardino ha una funzione informativa. In questo modo il consumatore è informato e la responsabilità degli effetti connessi all’uso del farmaco ricade sul consumatore che ha scelto volontariamente e consapevolmente di farne uso. Non ricade né sul produttore né sul medico che lo ha prescritto. Il fatto che il bugiardino non venga solitamente analizzato o che l’utente non ne capisca totalmente il senso non ha alcun peso dal punto di vista legale: gli effetti indesiderati erano scritti!

Effetti indesiderati psicofarmaci

Sui bugiardini della stragrande maggioranza degli psicofarmaci leggiamo effetti indesiderati quali: depressione, ansia, comportamenti violenti, amnesia, aggressività, depersonalizzazione, collera, allucinazioni, psicosi, alterazione del comportamento, ideazione suicidaria, suicidi, stato confusionale, deliri, neuropatie, convulsioni, tremori, ansia, vertigini, diminuzione della libido, parestesia eccetera.
Un effetto non meno preoccupante è la “dipendenza” che gli psicofarmaci creano, similare a quella generata da molte sostanze psicotrope che lo Stato cerca di combattere. La ragione è semplice: gli psicofarmaci interagiscono con la chimica dei neuroni e con il tempo possono interferire con il normale funzionamento delle cellule cerebrali. Non deve stupire dunque la presenza di effetti indesiderati come “danni extrapiramidali e neuropatie”.
Alcuni effetti indesiderati persistono anche quando si cessa l’assunzione degli psicofarmaci, vedi l’insonnia. Per alcuni questa conseguenza diventa una delle torture più efficaci per piegare la volontà e tornare sui propri passi.

Chi può decidere la cessazione della cura?

Naturalmente va considerato il perché si sta assumendo psicofarmaci e non si dovrebbe cessare una cura a base di psicofarmaci con leggerezza e senza cognizione di causa e per di più in modo brusco e sconsiderato. In generale la prescrizione viene effettuata dallo psichiatra che sceglie uno o più prodotti in base alla sua diagnosi. Soltanto due persone hanno il diritto di modificare la cura o farla cessare: 1) lo psichiatra chiamato in causa 2) il consumatore. In alcune circostanze nemmeno l’utente ha il diritto di farlo poiché, in base al problema riscontrato o alla reazione anomala, egli potrebbe essere sottoposto al TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio). Ma questo vale soprattutto per fatti che includono il pericolo per il soggetto stesso o per la comunità.
Posso però tranquillamente affermare che ci sono molte persone che assumono psicofarmaci inutilmente per le più disparate necessità e senza che vi sia alcun riscontro patologico che giustifichi l’uso di una sostanza psicotropa. Se questi desiderassero eliminare gli psicofarmaci dovrebbero tener conto della reazione avversa generata dall’assenza di quelle sostanze psicoattive.

Psicofarmaci vs prodotti erboristici

Comparare l’effetto di uno psicofarmaco con un prodotto erboristico è fuorviante. Il primo è un composto chimico sintetizzato artificialmente il cui bersaglio è un tipo di neurotrasmettitore o di recettore. Il secondo si trova in natura, i suoi composti sono molteplici e non agisce in un’unica direzione. Dacché, se si decide di eliminare uno psicofarmaco e di introdurre un composto erboristico di compensazione, non si può parlare di sostituzione. L’uso della fitoterapia serve per tamponare gli effetti avversi a cui si va incontro nella cessazione della sostanza psicotropa. Da questa prospettiva, non sarebbe corretto pensare che il proprio disagio psicologico troverà la propria conclusione con l’uso delle erbe. Piuttosto è bene considerare che a monte del disagio psicologico ed emotivo ci sono altri responsabili tra cui dei vissuti personali, delle inadeguate interpretazioni della realtà, dei modi di pensare, delle abitudini e delle convinzioni errate. Se non vi sono effettivi problemi neurologici, è su questo piano che va combattuta la battaglia e non con delle armi chimiche le quali non hanno alcuna nozione delle ragioni del malessere.
Quindi, posto che si decida di usare prodotti erboristici per fronteggiare la soppressione degli psicofarmaci, è bene ricordarsi che andrebbe fatto per il periodo della disintossicazione e non per tutta la vita. Un percorso di consapevolezza e di cambiamento psicologico, una sana alimentazione, relazioni interpersonali significative, degli obiettivi gratificanti e fare moto sono alla base del miglioramento globale. Senza questo non c’è prodotto in grado di intervenire.

Attenzione: cessazione graduale

I consigli presentati in questo articolo non sostituiscono il parere medico-psichiatrico.

Se una persona intendesse eliminare in piena autonomia gli psicofarmaci, dovrebbe tenere conto di molti fattori, tra cui lo stato di salute, l’età, la pressione arteriosa, i disturbi del sonno e il tipo di problema psicologico alla base dell’assunzione degli psicofarmaci. A tal proposito è sempre bene sentire il parere del medico e dello psichiatra per non fare scelte avventate. Ad ogni modo, una volta appurato la possibilità di cessare la cura psicofarmacologica, gli psicofarmaci non devono essere sospesi di colpo. Si deve diminuire gradualmente la posologia del medicamento e si può compensare in parte l’effetto boomerang con prodotti erboristici. In base alla quantità degli psicofarmaci impiegati e al tempo di utilizzo, l’eliminazione può richiedere anche mesi.
È bene trovare una rete di persone intime propensi ad appoggiare la scelta. Non sarebbe male avere il consenso e sostegno dello psichiatra. In tal senso sarebbe sempre bene condividere che le figure mediche la decisione di cessare una cura psicofarmacologica che risulti impertinente.
Anche se l’aiuto psicologico sembra la scelta più appropriata, se la persona sofferente manifesta una precaria lucidità mentale (per l’uso degli psicofarmaci o per disturbi connessi all’età o ad altro), credo che il primo passo imperativo sia quello di eliminare la sostanza che impedisce il buon funzionamento delle facoltà mentali. Gli psicofarmaci affievoliscono forza d’animo, consapevolezza, logica, raziocinio, presenza mentale, concentrazione, memoria e controllo delle emozioni (questi effetti indesiderati sono scritti nel bugiardino). Ciò rende faticoso fare scelte autonome con la giusta perseveranza.

Consigli aggiuntivi

1. Bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno.
2. Mangiare in abbondanza verdure crude e frutta (la frutta lontana dai pasti).
3. Non bere caffè o thè.
4. Mangiare cibi integrali (pasta, riso, segale, avena, farro e altri cereali).
5. Camminare ogni giorno.
6. Respirare profondamente con la pancia per un minuto 3 volte al giorno.

Semi di chia e di zucca mangiati durante il giorno migliorano l’umore
Cibi come riso integrale, quinoa, ceci, noci di cocco, asparagi, spinaci e fagioli migliorano l’umore

Discernimento nella scelta

Poiché gli psicofarmaci sono in compresse, in capsule o in gocce (a volte anche in puntura o supposte) non è possibile fornire una singola regola. Sebbene, come già detto, la scelta di smettere l’uso di psicofarmaci può essere fatta in completa autonomia dal consumatore, le seguenti indicazioni andrebbero discusse con il proprio medico curante, sia per quanto riguarda la possibilità di interrompere la cura psicofarmacologica in base al tipo di problema riscontrato e sia per la posologia.
I consigli sotto riportati sono perciò indicati per quelle persone che fanno uso di psicofarmaci senza che ve ne sia la necessità reale o dimostrata. Si noti che ci sono casi di persone affette da disturbi per cui non è saggio sottrarre il farmaco. A titolo di esempio, agonisti dopaminergici sono utili per frenare il tremore della sindrome di Parkinson e non è consigliabile eliminarli.
Procedendo con le indicazioni generali di cui sotto si attenua il contraccolpo dato dalla cessazione psicofarmacologica.

DIMINUZIONE psicofarmaci

GOCCE
Per i prodotti in gocce – si diminuisce una goccia ogni tre giorni.

COMPRESSE
Per i prodotti in compresse che si possono spezzare – si diminuisce di ¼ di una compressa ogni 10 giorni. Ma se la compressa è rivestita di un involucro gastroresistente, spezzare la capsula significherebbe annulare l’eggetto del principio attivo. Quindo è necessario cercare lo stesso prodotto predisposto con un dosaggio inferiore oppure cercarne uno in gocce.

Ciò significa che se una persona si somministra due compresse al giorno, una al mattino e una alla sera, da posologia diventa:

Primi 10 giorni: 1 compressa al mattino – ¾ di compressa alla sera
Dal 11° al 20° giorno: ¾ di compressa al mattino – ¾ di compressa alla sera
Dal 21° al 30° giorno: ¾ di compressa al mattino – ½ di compressa alla sera
Dal 31° al 40° giorno: ½ di compressa al mattino – ½ di compressa alla sera
Dal 41° al 50° giorno: ½ di compressa al mattino – ¼ di compressa alla sera
Dal 51° al 60° giorno: ¼ di compressa al mattino – ¼ di compressa alla sera
Dal 61° al 70° giorno: ¼ di compressa al mattino – nessuna compressa alla sera
Dal 71° giorno: nessuna compressa

CAPSULE
Per le capsule con la polvere all’interno è possibile trovare lo stesso psicofarmaco in compressa o in gocce. Conviene dunque farselo sostituire. Altrimenti si cerca di emulare le stesse proporzioni delle compresse. NON DEVI dividere o ridurre in polvere un farmaco con il rivestimento gastro-resistente. In tal modo si annullerebbero le ragioni della gastro resistenza e la sostanza attiva verrebbe compromessa dagli acidi gastrici. Ecco perché è necessario farselo sostituire da un prodotto equivalente in gocce o compresse.

Come assumere i prodotti erboristici

Durante il periodo di interruzione graduale degli psicofarmaci, i sintomi collaterali più importanti sono l’ansia, la stanchezza, il nervosismo, l’abbattimento del morale e l’insonnia.
I prodotti erboristici vanno assunti aumentando la posologia mentre si diminuisce quella dello psicofarmaco.

Ad esempio, all’inizio tolgo un terzo dello psicofarmaco e  inizio con 30 gocce di due o tre tipologie di tinture madri sotto riportate. Poi, quando si passa a metà dello psicofarmaco si aumenta di 10 gocce di ciascun prodotto erboristico. e così via fini all’eliminazione totale dello psicofarmaco. Da 2 a 3 settimane dopo la cessazione totale degli psicofarmaci si comincia a diminuire gradualmente anche i prodotti erboristici con la stessa quantità con cui abbiamo aumentato la somministrazione. Tali prodotti erboristici vanno scalati gradualmente con la totale cessazione dopo due o tre mesi dalla scomparsa degli psicofarmaci.

Le tinture madri indicate si possono anche mescolare in un unico prodotto.

La quantità da assumere di tintura madre e macerato glicerico, salvo diversa indicazione, può oscillare tra 35 e 60 gocce tre volte al giorno. Vanno diluiti in poca acqua e possibilmente mantenuti sotto la lingua per 30 secondi prima di essere deglutiti.
Non bisogna assumere l’intero elenco delle piante indicate di seguito, ma solo quelle che si riferiscono al problema lamentato.
Per ogni categoria i problemi specifico diverse piante, ma non devono essere utilizzate tutte. Se si usano tinture madri ne bastano tre per ogni categoria che si possono mescolare nello stesso bicchiere. Quindi si potrà assumere per esempio 40 gocce di tre prodotti indicati.

Elenco problemi con relativi prodotti erboristici

NOTA: se non si trovano i prodotti in formula idroalcolica come precisato, allora si può optare per una composizione secca da fare in forma di tisane. I seguenti consigli richiedono una base di conoscenza sull’argomento quindi è bene farsi guidare da un buon erborista o farmacista che può monitorare l’andamento e suggerire posologie adatte ad ogni cisrcostanza.

Per le persone ansiose e nervose
1) Macerato glicerico di tiglio
2) Tintura madre di lavanda
3) Macerato glicerico di biancospino
4) Tintura madre o tisana di camomilla
5) Tintura madre o tisana di melissa

Tisana di valeriana e passiflora o iperico con biancospino, o ancora camomilla e melissa.

Per le persone con stati depressivi e forte stress psicofisico e stanchezza
1) Tintura madre di iperico
2) Tintura madre di lavanda
3) Stabilium (autolisato proteico Garum Armonicum, ottenuto da un pesce degli alti fondali della Bretagna)
4) RHODIOLA ROSEA
5) Semi della griffonia

6) Griffonia

Olio essenziale di bergamotto, neroli o cannella

Per dormire
1) Tintura madre di passiflora
2) Tintura madre di luppolo
3) Tintura madre di valeriana
4) Tintura madre di biancospino
5) Tintura madre di escolzia
6) Stabilium (autolisato proteico Garum Armonicum, ottenuto da un pesce degli alti fondali della Bretagna)
7) Vedi anche le indicazioni riportate in questo articolo: Tecniche per l’insonnia

Per stati ossessivi, deliri, allucinazioni
1) Tintura madre di escolzia
2) Tintura madre di luppolo

Turbe dell’appetito – inappetenza
1) Stabilium (autolisato proteico Garum Armonicum, ottenuto da un pesce degli alti fondali della Bretagna)
2) Tisana di ippocastano (per stimolare l’appetito)
3) Pappa reale

Ultimi consigli
1) Trova un buon erborista che sia in grado di scegliere altri prodotti mirati all’esigenza.

2) Ricorda che la dieta e il movimento aiutano. camminare, palestra, ballo sono utili per smaltire.

3) Usa anche degli integratori vitaminici naturali.

4) Se la tua salute lo concede, bevi sorseggiando un succo di limone diluito in poca acqua ogni mattina a digiuno (almeno 15 mn prima di colazione).

5) Leggi, usa la testa il più possibile, mantieni la tua determinazione.

6) Poniti degli obiettivi o degli interessi da coltivare

E’ nel momento delle decisioni che si plasma il tuo destino.
Anthony Robbins

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Un saluto da Florian

Formatore mentale

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